Il becco a forma di punteruolo permette al picchio nero di sferrare potenti colpi per scavare buchi nei tronchi degli alberi
Il picchio nero (Dryocopus martius) è il più grande dei picchi presenti sulle Alpi per dimensioni ed apertura alare, se presente non passa inosservato. Appartiene alla Famiglia dei Picidae.
Il becco a forma di punteruolo gli permette di sferrare potenti colpi per scavare buchi nei tronchi degli alberi sia per nutrirsi, sia per scavare il nido. A tale scopo, non solo il becco è specializzato a questo ruolo, ma anche la scatola cranica è adattata per ammortizzare l’urto. La lingua è lunga per catturare insetti xilofagi (cioè che si nutrono di legno e vivono al suo interno) nei cunicoli più profondi delle piante.
Alla fine dell’inverno iniziano i corteggiamenti: ad aprile le coppie formate possono restare unite anche per tutta la vita. In questo periodo, utilizzano il tambureggiamento sui tronchi unito al canto, ben riconoscibile, come manifestazione territoriale. Nidifica in foreste mature di conifere, nelle faggete o in boschi misti, basta che siano presenti grosse piante, sulle quali entrambi i componenti della coppia scavano il nido.

Il picchio nero è molto importante per l’intera biocenosi (cioè un gruppo di organismi che interagiscono tra loro e che vivono nella stessa area), in quanto le cavità nido abbandonate, nel tempo vengono utilizzate da tante altre specie, alcune anche di importanza conservazionistica come la civetta capogrosso (Aegolius funereus). Una volta scavate le cavità possono così essere utilizzate per più anni.

Una minaccia alla specie è rappresentata, ad esempio, dalla distruzione dell’habitat o dall’eliminazione (anche accidentale) delle singole piante sulle quali sono presenti cavità nido. Così il risultato dell’eliminazione anche di una sola pianta causa un danno rilevante che si protrae nel tempo per varie specie.
Mantenere ambienti idonei alla specie risulta fondamentale per favorirne la conservazione.
